La Prof

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Per qualcuno questo è il mio ritratto...

sabato 4 febbraio 2017

E' tempo di accomiatarsi ,ho trovato chi sa dirlo con parole sagge che condivido


L’etica del commiato
Spesso mi sono domandata, e in questi ultimi tempi più spesso, che cosa prova e soprattutto che cosa si aspetta un docente nel momento in cui alla fine della propria attività si accinge ad abbandonare il ruolo che fino ad al- lora aveva ricoperto e magari anche con qualche gratificazione professionale.
Una considerazione che in prima battuta  potrebbe apparire banale, se solo si considera che quello del pensionamento  è un traguardo ineluttabile. Per noi docenti è comunque un privilegio e tanto più contradditorio se si pensa che la moltitudine  di professionisti che la scuola – noi – immette sul mercato potrà godere in misura irrisoria di questa sorte benevola, perché pochi forse avranno la fortuna di sfuggire alla maledizione del precariato. Ma, lasciando a latere queste pur doverose considerazioni economiche e ritornando al nostro tema, non ci si può sottrarre ad alcuni interrogativi. Quale il bilancio di una vita in qualche misura dedicata agli altri? Quale il senso della professione docente oggi? Come viene percepita e come ce la rappresentiamo noi? Do- mande.
Sono domande che ci portano a riflettere su un tema più ampio e che qui vorrei proporre come capitolo di una pedagogia del lavoro dal titolo etica del commiato.
Questa definizione aiuta a tenere a bada una tentazione retorica inevitabile in circostanze come queste. Se andare in pensione è un po’ come morire, lo è completamente per il modo
in cui si celebra questo traguardo, indulgendo oltre misura sui demeriti per esaltare solo i meriti del – si dice – fortunato collega che non più compresso dal lavoro guadagna finalmente, secondo l’analisi marxiana ancora prevalente, la propria libertà. Per uscire da questa ipocrisia istituzionale è sufficiente attenersi al terreno meno solido, ma più affine alla nostra formazione professionale, dei sentimenti.
Con poche eccezioni, il momento del congedo per noi docenti è un po’ più malinconico rispetto agli altri. Difficile sottrarsi, per un verso, al senso di vertigine pensando al tempo trascorso tra i banchi, alle migliaia di studenti incontrati, ai corsi, agli esami, ai colleghi, ai convegni, ai concorsi; per altro verso, alla consapevolezza di essere impegnati in un’interminabile corsa a ostacoli con il tempo tiranno che mentre ti attira sempre più verso nuovi obiettivi, ti concede sempre meno tempo per raggiungerli. Chi, come un professore di scuola, è abituato non solo a insegnare, ma prima di tutto a imparare, non finisce mai di provare interesse per nuove competenze che, in un campo come la docenza, fanno tutt’uno con la ricerca. Forse avviene anche in altri ambiti, ma sono indotta a pensare che chi si è lasciato prendere da questa professione, sempre sensibile alle sfide del/nel sapere, non finirà mai la sua corsa contro il tempo. Una frase di Karl Jaspers, pronunciata alla fine della carriera – «Ed ora che si potrebbe ricominciare, bisogna andarsene!» – dà la misura come poche altre del vissuto di limitatezza e impotenza che connota il momento
della fine di una carriera nonostante le illusioni di continuità. E qui, in questo vissuto ambivalente, può radicarsi un’etica del commiato, il solo mezzo per strappare alla retorica un momento importante nella vita di una persona cui vanno restituiti autenticità e significato. Questa è anche l’unica forma, non più diretta bensì indiretta, attraverso cui un docente può continuare a insegnare.
Carla Xodo Università di Padova

lunedì 29 febbraio 2016

Insegnamento ed autostima


Questo pomeriggio ho ascoltato   per  radio una intervista  una collega che ha messo al primo posto tra le qualità di un buon insegnante una dose di sana autostima, mi sono incuriosita e ho visitato il suo blog. www.laprofessoressavirisponde.blogspot.com
 In realtà ne ha da vendere per quanto la riguarda e sembra aver trovato anche degli  acquirenti .
Io sto parlando o scrivendo a me stessa e  lei con la sua malcelata" autostima" ha un pubblico di seguaci che acquistano i suoi libri.
 Che abbia ragione?

 

domenica 21 febbraio 2016

21 febbraio 2016, si riparte DIRITTO ALLA DISCONNESSIONE

Per il diritto  alla disconnessione arrivo tardi in quanto la proposta di legge in discussione in Francia rischia di nascere già obsoleta. Oggi non ci si connette ma si vive connessi. In realtà la necessità delle connessioni per lavoro mi hanno fatto dimenticare quelle per divertimento e quindi ben venga il diritto alla disconnessione dalle mail di lavoro, mi voglio riappropriare dello scrivere per divertimento e passione intellettuale.
Ricomincio dal mio micio che in questo momento mi sta impedendo con la sua coda di utilizzare proficuamente la tastiera anche se nell'immagine dorme beatamente sopra la stampante.

sabato 29 novembre 2014

Festina lente

L'inizio della scuola è coinciso con un periodo in cui ci siamo affrettati e adesso l'invito ad affrettarci con lentezza giunge come un toccasana. E' stato fatto anche quello che non si pensava di saper fare ma adesso torniamo alle relazioni umane. Che possa pensare ai ragazzi e non alle schede che debbo riempire per loro.

Quest'anno leggiamo i diari ,abbiamo cominciato con un classico (Cuore) che avevo messo da parte ma che ho scoperto ancora capace di emozionare  e perché no testimoniare una vita lontana terminiamo con uno nuovissimo (Se ti abbraccio non aver paura )che un po' diario lo è. In mezzo c'è posto per tutti: Gian Burrasca, Papà Gambalunga ,Alice, Anna Frank, Una schiappa, ... perché rigorosamente ognuno possa trovare la sua dimensione e leggendo vivere un'altra vita.

domenica 17 agosto 2014

Vacanze antropologiche

Quest'anno niente vacanze da ricordare per città visitate o siti archeologici ma vacanze "antropologiche".
Un incontro diretto con l'uomo qualunque della piazzola e/o dell'ombrellone  accanto che è stato sconfortante.
Nessuna informazione, zero lettura, luoghi comuni ripetuti a iosa su partiti e uomini politici.
Ma la scuola dov'è?
C'è chi distrugge il certosino lavoro di migliaia di insegnanti durante i tanti anni scolastici trascorsi sui banchi, o forse non è più necessaria e trasmissibile  alcuna forma di educazione ?
Quanto mi mancano anche i  "cattivi maestri"!

martedì 24 giugno 2014

Lasciare un buon ricordo

E' tempo di consuntivi alla fine di un anno scolastico
 e faccio mia la domanda
 di Norman B.Lobsens nel suo libro
 "Il valore dei ricordi dell'infanzia"
 modificandone il contesto:
 qual è il più bel ricordo che hai del primo anno di scuola media?
Per l'autore citato il riferimento è ai ricordi dell'infanzia nel rapporto genitori -figli ,
penso si possa esportare nel rapporto alunni insegnanti.
Sarà la prima riflessione scritta del prossimo anno scolastico.

martedì 13 maggio 2014

INVALSI SI INVALSI NO

Luca Ricolfi ha pubblicato su la  Stampa di giovedì scorso un articolo "I  mali della scuola e l'uso sbagliato dei test Invalsi". In diversi lo hanno commentato e provo a farlo anch'io. Dall'iniziale preoccupazione con il passare degli anni sono passata a considerarli una normale prassi nell'attività scolastica alla quale va tolta l'enfasi di infallibilità nella valutazione vuoi degli alunni come dei docenti. Le ragioni della loro discutibilità così come espresse da Ricolfi le condivido avendole toccate con mano e in particolare vorrei soffermarmi  sulla nota che detti test non vanno usati nella misurazione del profitto individuale(sic) in quanto la loro precisione dei livelli di apprendimento è molto alta a livello aggregato mentre è assai bassa a livello del singolo studente.
Un aspetto questo al quale non avevo pensato tecnicamente ,
 ma intuito didatticamente ed allora Invalsi o Invalsi no?